Una squadra che ha plasmato campioni cambia pelle: la guida dei giovani passa dall’istinto di Marko al metodo di “Rocky”
L’eco dell’era di Helmut Marko è ovunque. Il suo telefono decideva carriere. Il suo fiuto scovava talento in anticipo. Dal Red Bull Junior Team sono sbocciati Sebastian Vettel e Max Verstappen. Dati alla mano: Vettel vinse Monza 2008 con Toro Rosso, poi quattro titoli dal 2010 al 2013 (FIA/Formula1.com). Verstappen debuttò a 17 anni nel 2015, segnò punti in Malesia e vinse in Spagna 2016 a 18 anni, record assoluto. Non servono aggettivi: bastano i numeri.
Quel modello era rapido, diretto, spesso spietato. Funzionò anche con Daniel Ricciardo, Carlos Sainz, Pierre Gasly, Yuki Tsunoda. Nel vivaio arrivavano i migliori da F3 e F2: Gasly campione GP2 2016, Sainz campione FR3.5 2014, Tsunoda terzo in F2 2020. La pipeline verso la sorella minore — oggi Visa Cash App RB, ieri AlphaTauri, prima ancora Toro Rosso — era chiara: cresci, rischi, esplodi.
Poi, la soglia si è spostata. Non più una sola mano sul timone. Dal 2022 Guillaume “Rocky” Rocquelin ha preso la guida operativa del programma giovani. Red Bull lo ha indicato come responsabile dell’area driver development, con base a Milton Keynes, dopo gli anni da ingegnere di Vettel e Head of Race Engineering in Red Bull Racing. È qui che la storia cambia ritmo.
Dopo Marko, un metodo
Rocquelin porta un approccio da pista. Pochi proclami, molte metriche. Telemetria, gestione gomme, lettura aria sporca, qualità del feedback. Valuta non solo la velocità pura, ma la stabilità sul passo e la capacità di adattamento. Un tecnico che parla con i dati e allena con esercizi misurabili. Chi lo ha visto al lavoro racconta review serrate e checklist precise. Non c’è mito, c’è processo.
Questo non cancella Marko. Semplicemente, sposta il baricentro. Meno decisioni istantanee. Più progressioni scandite. Un esempio pratico: prove incrociate in simulatore con ingegneri di gara, audit periodici con gli staff di F2 e F3, e giornate a Imola o Spielberg per stress test su long run e usura gomme. Non tutte queste pratiche sono pubbliche nei dettagli; Red Bull non diffonde tabelle interne. Ma i contorni sono emersi con coerenza nelle comunicazioni ufficiali e nelle interviste agli addetti ai lavori.
Cosa cambia per i giovani
Per chi entra nel Junior Team, la porta non è più solo “veloce o sei fuori”. Serve completezza. Chi fa bene in gestione energia, parte calda, comunicazione in radio, oggi guadagna punti pesanti. A Faenza, la squadra ora RB è laboratorio e scanner. Serve solidità prima ancora del colpo di genio. Funziona? I segnali sono misti, ma incoraggianti. La filiera ha tenuto in anni complessi, con promozioni calibrate e meno salti nel buio. Mancano però dati pubblici su nuove clausole contrattuali o quote di promozione interne: se esistono, non sono state rese note.
Ci sono immagini che restano. “Rocky” dietro al monitor, lo sguardo fermo, la radio silenziosa. La sua calma riscrive la grammatica del rischio. La domanda è semplice e enorme: il prossimo campione nasce dal lampo o dalla somma di micro-abitudini? Forse lo scopriremo quando un ragazzo, in una notte qualsiasi di simulatore, capirà che il suo giro più veloce non è più un colpo di fortuna. È un metodo che si è preso la scena. E a volte, finita un’era, il futuro inizia proprio così, quasi senza rumore, mentre tutti ascoltano il cronometro.

